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09 SETTEMBRE 2021

 

Superbonus per le ristrutturazioni e per l’acquisto di arredi: anche al settore del turismo sarà riconosciuta un’agevolazione per il risparmio energetico.

Lo afferma il Ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, nel corso dell’incontro tenutosi a Pordenone in data 8 settembre 2021 e al quale ha preso parte anche la Sottosegretaria alla transizione ecologica, Vannia Gava.

Già nel corso dell’iter di approvazione del decreto Semplificazioni n. 77/2021 il Ministro del Turismo aveva tentato di aprire le porte del superbonus 110 per cento anche agli alberghi e alle altre strutture ricettive.

Una proposta bocciata, che ora torna alla ribalta con il fine di sostenere la ripresa del settore del turismo e favorire la transizione verso consumi più sostenibili.

Stando alle ultime novità, il superbonus per il turismo potrebbe esser pari all’80 per cento, in luogo del 110 per cento previsto per la generalità dei casi, e fruibile anche mediante cessione del credito.

Si lavora inoltre ad un contributo a fondo perduto, la cui concessione sarebbe vincolata all’utilizzo di una parte della somma per la riqualificazione energetica.

 

Superbonus, dalle ristrutturazioni agli arredi: novità in arrivo per il turismo

 

L’obiettivo del Ministro del Turismo è di far salire il superbonus per il turismo nel primo provvedimento utile o, al massimo, all’interno della Legge di Bilancio 2022. Non si esclude l’emanazione di un decreto specifico, ma sui tempi resta ancora tutto da definire.

Quel che è certo è che nonostante i continui tentennamenti e i tentativi falliti, la volontà di introdurre un’agevolazione fiscale per favorire la ristrutturazione e la riqualificazione energetica delle strutture alberghiere e turistiche resta in campo.

Nell’incontro tenutosi a Pordenone mercoledì 8 settembre 2021, riporta il quotidiano Italia Oggi, sono state evidenziate alcune delle novità in fase di predisposizione, delle quali il Ministro Garavaglia aveva già parlato durante l’evento “Estate 2021”, organizzato a Tremezzo dalla Regione Lombardia.

Il decreto in fase di stesura relativo al superbonus per il settore del turismo non prevede una semplice estensione dell’agevolazione del 110 per cento, bensì un sistema nuovo e semplificato, adattato alle esigenze di alberghi e strutture ricettive.

Verrebbe ridotta la percentuale di sgravio spettante, pari all’80 per cento, mentre resterebbe la possibilità di optare per la cessione del credito e quindi di recuperare in tempi brevi l’agevolazione.

Non solo superbonus: in favore delle imprese del turismo è in campo anche la proposta di introdurre un nuovo contributo a fondo perduto, fino a 200.000 euro, da utilizzare in parte per l’esecuzione di lavori volti al risparmio energetico.

 

Superbonus e contributo a fondo perduto, la ricetta per il rilancio del turismo

 

Il decreto, o l’intervento specifico che si tenterà di far salire in Legge di Bilancio 2022, non si limiterà ad estendere il superbonus, con aliquota presumibilmente all’80 per cento.

Per il turismo sono in campo diversi interventi e, come anticipato dal Ministro Garavaglia, tra le ipotesi c’è l’introduzione di un nuovo contributo a fondo perduto, il cui importo massimo sarà pari a 200.000 euro.

Stando alle prime anticipazioni, sembra che i due interventi non saranno cumulabili ma alternativi. l contributo a fondo perduto sarà in ogni caso ad utilizzo vincolato e una quota della somma concessa dovrà essere utilizzata per effettuare lavori volti alla riqualificazione energetica.

Inoltre, si lavora all’introduzione di un’agevolazione maggiorata per le imprese femminili.

Si resta in ogni caso in attesa di ulteriori dettagli utili a definire le novità in campo per il settore del turismo, necessarie per sostenere la ripresa di uno dei comparti più colpiti dall’emergenza Covid-19.

 

 

 

 

 

 

08 LUGLIO 2021

 

Contributi a fondo perduto, i bonifici erogati e i crediti di imposta riconosciuti in totale dal 2020 e fino ai pagamenti automatici del DL Sostegni bis hanno un valore pari a 20,8 miliardi. A beneficiarne oltre 7 milioni di partite IVA per una media di 2.952 euro a testa. Aiuti deboli per i settori più colpiti. I dati forniti dal Ministero dell'Economia e delle Finanze durante l'interrogazione a risposta immediata del 7 luglio presso la Commissione Finanza della Camera.


Contributi a fondo perduto, i bonifici erogati dall’Agenzia delle Entrate e i crediti di imposta riconosciuti hanno un importo medio per partite IVA pari a 2.952 euro: in totale dal debutto degli aiuti, con il Decreto Rilancio, ai pagamenti automatici del DL Sostegni bis la misura ha un valore di 20,8 miliardi di euro. Enorme, ma esiguo se confrontato con le perdite del fatturato di alcuni settori.

I dati arrivano direttamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che li ha resi noti durante l’interrogazione a risposta immediata che si è tenuta il 7 luglio 2021 presso la Commissione Finanze della Camera.

 

Contributi a fondo perduto, bonifici e crediti di imposta da 20,8 miliardi per oltre 7 milioni di partite IVA

 

Le cifre che l’Agenzia delle Entrate ha trasmesso al MEF evidenziano e confermano in maniera chiara l’impatto forte della pandemia su alcuni settori.

Le restrizioni e le aperture a singhiozzo del 2020 hanno determinato una perdita di fatturato per la ristorazione pari a 34,4 miliardi di euro, circa il 36,2 per cento dell’intero fatturato annuo. A quantificare i danni della pandemia è la FIPE, Federazione Italiana Pubblici Esercizi.

L’andamento, poi, è addirittura peggiorato nei primi tre mesi dell’anno: a gennaio, febbraio e marzo i servizi di ristorazione hanno registrato un calo del 37,2 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, perdendo altri 5,8 miliardi di euro e arrivando così a una riduzione del fatturato di oltre 40 miliardi di euro.

Le scosse della pandemia hanno messo a dura prova anche il settore alberghiero che, secondo i dati forniti da Assohotel, nel corso del 2020 hanno perso 11 miliardi di fatturato e ha registrato un calo di presenze turistiche dal 50 al 90 per cento.

È a questi due settori, infatti, che va la fetta più importante di contributi a fondo perduto erogati dal debutto della misura fino al pagamento automatico di giugno 2021 relativamente al DL Sostegni bis. Ma è un Davide contro Golia.

Gli aiuti, distribuiti su oltre 1.300.000 partite IVA attive nell’ambio dei servizi di alloggio e ristorazione, hanno un valore di 4,9 miliardi di euro, meno di un decimo delle perdite.

In media le attività dei due settori hanno ricevuto bonifici dei contributi a fondo perduto per un totale di 3.745 euro.

La seconda parte più consistete di aiuti, 4,6 miliardi di euro, è andata al commercio all’ingrosso e al dettaglio e riparazione di autoveicoli e motocicli, e poi ancora alle attività manifatturiere per un totale di 2 miliardi. Mentre meno aiuti sono stati richiesti dal settore della sanità e dell’assistenza sociale.

 

Contributi a fondo perduto, bonifici e crediti di imposta per circa 1.800.000 partite IVA con i DL Sostegni

 

Nel frattempo i lavori sui contributi a fondo perduto continuano: ci sono ancora altre tranche già previste e da erogare. Gli aiuti messi in campo con il DL Sostegni bis non sono ancora arrivati tutti a destinazione, i dati disponibili riguardano solo i pagamenti automatici erogati sulla base dei bonifici effettuati per il primo provvedimento omonimo.

Dal 5 luglio e fino alla scadenza del 2 settembre è possibile presentare domanda per ottenere i contributi a fondo perduto alternativi: la nuova formula di ristori, considerando un periodo di riferimento diverso dall’anno solare, permette a nuove partite IVA di entrare nella platea di beneficiari e a coloro che già ne fanno parte di avere delle somme aggiuntive in presenza dei requisiti richiesti.

Resta, poi, da corrispondere il contributo a fondo perduto di fine anno che sarà erogato sulla base degli aiuti già ricevuti e delle perdite registrare: tutti i dettagli sull’operatività sono ancora da definire con un apposito decreto MEF.

In questa prima fase di attuazione delle novità del DL Sostegni bis i principali destinatari dei contributi a fondo perduto sono state le partite IVA più piccole con ricavi e compensi fino a 100.00 euro: più di 1.400.000.

 

Come per la tranche prevista dal DL Sostegni, il valore totale di bonifici erogati e crediti di imposta riconosciuti ammonta a 5,2 miliardi di euro, due di questi sono andati alle attività meno grandi con un importo medio di 1.380 euro circa per ognuno dei beneficiari.

Diversamente dai dati complessivi, il settore di alloggio e ristorazione è il terzo nella classifica di quelli che hanno ricevuto un importo più alto di aiuti, dopo il commercio all’ingrosso e al dettaglio e dopo le attività professionali, scientifiche e tecniche.

Dal punto di vista territoriale, i dati sono prevedibili e confermano che la crisi epidemiologica in alcune parti d’Italia ha avuto effetti più travolgenti: non stupisce che la somma più consistente delle risorse stanziate con i DL Sostegni sia toccata alla Lombardia.

 

 

 

 

07 LUGLIO 2021

 

Assegno unico e reddito di cittadinanza, dal calcolo al pagamento: le istruzioni INPS

 

Assegno unico per i titolari di reddito di cittadinanza: come fare il calcolo dell'importo spettante e quali le regole per il pagamento? Le istruzioni operative sono contenute nella circolare INPS n. 93 del 30 giugno 2021.

 

Assegno unico e reddito di cittadinanza, è tempo di fare il punto sulle regole per il calcolo e per il pagamento.

A fornire le istruzioni operative è l’INPS, con la circolare n. 93 pubblicata il 30 giugno 2021.

Chi già percepisce il reddito di cittadinanza non dovrà fare domanda per ricevere l’assegno unico per i figli a carico: sarà l’Istituto ad attribuire d’ufficio l’importo aggiuntivo, secondo specifiche regole. L’assegno unico riduce, per poi incrementare, l’importo del reddito di cittadinanza.

Facciamo quindi il punto delle regole per calcolare l’ammontare spettante dal 1° luglio al 31 dicembre 2021.

 

Assegno unico e reddito di cittadinanza, dal calcolo al pagamento: le istruzioni INPS

 

L’assegno unico temporaneo introdotto con decorrenza dal 1° luglio 2021 e fino al 31 dicembre 2021 è attribuito d’ufficio a chi percepisce il reddito di cittadinanza, nel caso di presenza nel nucleo familiare di figli minori a carico, di età fino a 18 anni.

Non sarà quindi necessario presentare domanda, ma sarà l’INPS a verificare se il nucleo familiare indicato nel modello ISEE è in possesso dei requisiti richiesti per l’attribuzione dell’importo aggiuntivo.

L’assegno unico sarà inoltre pagato nelle stesse modalità di erogazione del reddito di cittadinanza.

In sostanza il nuovo strumento operativo a partire dal mese di luglio e fino alla fine dell’anno si fonderà con il reddito, secondo le specifiche regole di calcolo previste dall’articolo 4 del decreto legge n. 79/2021.

 

Assegno unico e reddito di cittadinanza: come fare il calcolo dell’importo

 

Il calcolo dell’assegno unico è effettuato, in linea generale, partendo dal valore dell’ISEE del nucleo familiare.

Nel dettaglio, l’importo mensile spettante dal 1° luglio 2021 è pari a:

  • 167,50 euro per ciascun figlio, in caso di nuclei familiari fino a due figli, o 217,80 euro per figlio per i nuclei più numerosi, in caso di ISEE non superiore a 7.000 euro;
  • l’importo riconosciuto è progressivamente ridotto per i nuclei familiari con ISEE superiore a 7.000 euro e fino a 50.000 euro.

Per ciascun figlio minore con disabilità, inoltre, gli importi sono maggiorati di 50 euro.

Per i percettori del reddito di cittadinanza, l’avvio dell’assegno unico impone un doppio passaggio in merito alle modalità di calcolo.

Secondo quanto previsto dal comma 3, articolo 4 del decreto legge n. 79/2021, l’assegno unico mensile riconosciuto è calcolato sottraendo dall’importo teorico spettante la quota di reddito di cittadinanza relativa ai figli che rientrano nel nucleo familiare, calcolata sulla base della scala di equivalenza.

Il parametro della scala di equivalenza è pari a:

  • 1 per il primo componente del nucleo familiare;
  • è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di minore età, fino ad un massimo di 2,1, ovvero fino ad un massimo di 2,2 nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilita’ grave o di non autosufficienza, come definite ai fini dell’ISEE.

Riprendiamo quindi alcuni esempi di calcolo forniti dall’INPS per avere un quadro più chiaro delle regole di calcolo.

Nel caso di un nucleo familiare composto da due genitori e due figli minori, la scala di equivalenza per il reddito di cittadinanza sarà pari a 1.8, di cui 0,4 per i minori. L’importo del reddito percepito dal nucleo familiare, con ISEE fino a 7.000 euro, è pari a 500 euro mensili mentre l’importo teorico dell’assegno unico è pari a 335 euro (167,5 x 2).

Nell’esempio di cui sopra, per calcolare l’importo dell’assegno temporaneo pagato insieme al reddito di cittadinanza bisognerà procedere come segue:

“500 euro (importo reddito di cittadinanza) x 0,4 (scala di equivalenza figli minori)\1.8 (scala di equivalenza nucleo familiare) = 111,1 euro.”

Una volta ottenuto il risultato relativo alla quota del reddito di cittadinanza attribuita ai minori, bisognerà sottrarre l’importo da quello relativo all’assegno unico spettante.

Nel caso specifico, quindi:

335 euro (importo teorico assegno unico) - 111,1 euro (importo RdC attribuito ai minori) = 223,9 euro (importo integrazione da assegno unico spettante dal 1° luglio 2021).

 

Domanda assegno unico in caso di revoca o decadenza

 

La presentazione della domanda per ottenere l’assegno unico non è richiesta in caso di percezione del reddito di cittadinanza, ad eccezione dei casi di revoca, decadenza o termine della durata della prestazione.

In tal caso, specifica la circolare INPS n. 93/2021, qualora si perda il diritto a ricevere il reddito di cittadinanza, ai fini della percezione dell’assegno temporaneo sarà necessario presentare domanda. La prestazione decorrerà dalla data di invio della domanda.

Sono queste le istruzioni ad oggi fornite dall’INPS, anche se si attendono nuove indicazioni operative con un messaggio preannunciato nella circolare citata.

Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Assegno unico e reddito di cittadinanza, dal calcolo al pagamento: le istruzioni INPS

 

 

 

 

 

06 LUGLIO 2021

 

La riforma del sistema tributario

 

Dalle proposte dei singoli partiti alla sintesi raggiunta nel documento depositato il 30 giugno 2021 dalle Commissioni finanze di Camera e Senato fino ad alcune zone d'ombra che persistono: una panoramica sulla riforma del sistema tributario, in attesa della definizione della legge delega.

6 luglio 2021 La riforma del sistema tributario

I vari partiti hanno prodotto le loro proposte di riforma in ambito fiscale, al fine di redigere un documento unitario, una proposta parlamentare, base per la proposta di legge delega sulla riforma del fisco.

Da una prima analisi dei documenti depositati in Commissione dai gruppi parlamentari, emergeva che su alcuni punti le posizioni collimavano, e tra questi in particolare sulla necessità di ridurre la pressione fiscale sul ceto medio.

Dalla Lega a Leu, l’attenzione era focalizzata sul terzo scaglione dei redditi soggetti all’Irpef, quello fra i 28.000 e i 55.000 euro.

La “ricetta” degli interventi cambia comunque a seconda del partito.

Lega, Forza Italia, ma anche M5S, propendono per una riduzione delle cinque aliquote, passando dalle cinque attuali a tre.

Lega e Forza Italia prevedono una “No tax area”che la Lega fisserebbe a 10.000 euro e Forza Italia a 12.000, e mettono comunque in evidenza che le tre aliquote sono un “compromesso” rispetto al loro obiettivo, che resta sempre quello di una flat tax su tutti i redditi, laddove la Lega, oltre a richiamare un proprio progetto di legge già depositato in tema di “flat tax incrementale” (sostenuta anche da FdI), chiede comunque di mantenere il regime forfettario per le partite Iva ed estenderlo (con un’aliquota del 20 per cento) fino ai redditi di 100mila.

Pd e LeU preferiscono invece il modello tedesco, che prevede una “no tax area” (una soglia di reddito, 9.000 euro, esente dal pagamento di imposte) e aliquote variabili dai 9.001,00 euro fino a 54.949 euro (da un minimo del 14 per cento fino al 42 per cento), con due aliquote fisse, al 42 per cento per redditi compresi tra i 54.950 euro e i 260.532 e al 45% per tutti i redditi che superano i 260.532 euro.

LeU propone del resto anche una patrimoniale progressiva fino all’1 per cento sopra una certa soglia di reddito, abolendo però contemporaneamente l’Imu e le altre imposte che gravano sui patrimoni.

Sempre in tema di riforma Irpef, Italia Viva, per conto suo, propone l’introduzione di incentivi fiscali temporanei sul margine estensivo per il secondo percettore di reddito all’interno del nucleo familiare e, per coloro il cui reddito annuo sia inferiore alla soglia del primo scaglione IRPEF, un sistema di imposta negativa crescente con il livello di reddito dichiarato, prendendo spunto dall’esperienza dell’Earned Income Tax Credit degli Stati Uniti.

In tema di imposta di successione, invece, il Pd (ma anche Leu) mantiene la sua proposta con un’aliquota del 20 per cento sopra i 5 milioni di euro, mentre Forza Italia vorrebbe abolirla completamente, o comunque innalzare il valore imponibile esente per gli eredi in linea diretta o il coniuge.

Sia Italia Viva che Forza Italia che la Lega sono poi per l’abolizione dell’Irap, o quanto meno per una sostituzione come addizionale Ires (in tal senso anche FdI e M5S).

Il Pd e IV (e seppur in forma differente anche il M5S) sono inoltre per reintrodurre l’Iri (Imposta sul reddito d’impresa) con un’aliquota al 24 per cento.

Infine, oltre alle proposte di riforma su riscossione, tributi locali e contenzioso tributario, come altre misure “residuali”, tra le altre, si evidenziano le seguenti:

  • La lega proponeva l’abolizione di 19 microtasse e l’abolizione dello split payment;
  • FdI proponeva la riduzione della ritenuta a titolo di acconto Irpef per i lavoratori autonomi, la deducibilità dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori dal reddito di lavoro autonomo, l’estensione della cedolare secca agli immobili oggetto di locazione commerciale, l’eliminazione del limite di riportabilità delle perdite e il Carry back delle perdite, l’abolizione della disciplina delle società non operative e degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), la stabile organizzazione virtuale delle imprese digitali;
  • Leu proponeva che l’imposta di registro venisse trasformata da imposta sul valore a prelievo fisso;
  • IV proponeva la digitalizzazione delle Agenzie fiscali e l’interoperabilità tra banche dati, una patente fiscale con la quale il contribuente potesse ottenere la riduzione dei tempi di accertamento, l’abolizione della ritenuta d’acconto, la detassazione dell’aggregazione degli studi professionali, la reintroduzione dell’ACE per sostenere gli investimenti;
  • M5S proponeva una riforma della tassazione dei redditi di capitale e finanziari e il rilancio della Previdenza Complementare, la digitalizzazione degli adempimenti fiscali, l’Ires verde e una strategia di tassazione ambientale;
  • Forza Italia proponeva il fattore familiare, consistente in una riduzione di imposta anche eventualmente sotto forma di detrazione per il secondo coniuge che lavora, la revisione del catasto, il mantenimento e l’estensione della cedolare secca sui redditi delle locazioni di immobili, la rimodulazione delle aliquote IVA;
  • Il PD proponeva la tassazione agevolata del secondo percettore di reddito in famiglia (TASP), con l’obiettivo di aumentare l’offerta di lavoro, dare impulso all’occupazione femminile, fare emergere il lavoro nero e favorire il ritorno nel mondo del lavoro dopo il congedo di maternità obbligatorio, un sistema fiscale per la transizione ecologica, lo sviluppo e l’estensione del fisco digitale, l’estensione della cooperative compliance e il perfezionamento degli ISA.

Su queste proposte e premesse è nato il documento poi elaborato dalle Commissioni finanze di Camera e Senato.

 

Riforma del sistema tributario: i punti chiave del documento delle Commissioni

 

Le Commissioni Finanze di Camera e Senato, dopo sei mesi di audizioni (61), il 30 giugno hanno dunque finalmente elaborato un documento finale, approvato da tutti i partiti (tranne Leu), contenente le direttrici su cui si dovrebbe indirizzare la prossima riforma del Fisco italiano e che dovrebbero confluire, a breve, in una legge delega.

Il governo si è infatti impegnato ad avviare, entro il 31 luglio 2021, il percorso di modifica del sistema tributario italiano, come previsto anche dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Alcuni dei punti chiave fondamentali sono i seguenti:

  • Riforma Irpef;
  • Delega al Governo per riordino Iva;
  • Cambio di paradigma nei rapporti tra Fisco e contribuente e meccanismo strutturale di premialità per i contribuenti leali;
  • Riforma sanzioni e riscossione;
  • Rateizzazione per lavoratori autonomi;
  • Reintroduzione regime opzionale per tassazione reddito impresa;
  • Lotta all’evasione;
  • Riforma Irap;
  • Riduzioni per giovani under 35;
  • Abolizione delle microtasse;
    Di seguito alcuni brevi cenni ad alcune delle proposte sopra indicate.

Riforma Irpef

Le Commissioni bilancio della Camera e del Senato concordano che la struttura dell’Irpef vada sostanzialmente ridefinita, in accordo con gli obiettivi generali di semplificazione e stimolo alla crescita, adottando in particolare i seguenti obiettivi specifici:

  1. L’abbassamento dell’aliquota media effettiva, con particolare riferimento ai contribuenti nella fascia di reddito 28.000-55.000.
    Questo porterà ad eliminare paradossi dell’Irpef, per cui per i soli lavoratori dipendenti, la media delle aliquote marginali effettive supera oggi il 40% già intorno ai 17 mila euro di reddito, laddove per oltre il 20% dei lavoratori dipendenti occupati da almeno 12 mesi le aliquote marginali effettive sono superiori a quella massima legale (43%).

Un tale intervento comporterebbe un taglio delle tasse per circa 7 milioni e mezzo di contribuenti.

Vale a dire quell’ampia platea di italiani che si trovano nella fascia di reddito compresa tra 28 mila e 55 mila euro lordi, attualmente sottoposti alla terza aliquota dell’Irpef con un prelievo nominale del 38%, superiore di ben 11 punti percentuali a quella dello scaglione precedente, e che, considerando anche le addizionali comunali e regionali, è sottoposta ad un prelievo teorico che supera il 40%.

  1. La modifica della dinamica delle aliquote marginali effettive.

Si tratta in sostanza di eliminare le discontinuità più brusche, con un intervento semplificatore sul combinato disposto di scaglioni, aliquote e detrazioni per tipologia di reddito, incluso l’assorbimento degli interventi del 2014 e del 2020, riguardanti il lavoro dipendente (bonus 80 euro, recentemente allargato e portato all’importo di 100 euro); o, in subordine (opzione alternativa meno preferita), tramite un sistema ad aliquota continua, limitato alle fasce di reddito medie (cosiddetto modello tedesco).

  1. L’introduzione di un minimo esente, senza obbligo di dichiarazione, per i contribuenti che si collochino sotto la relativa soglia.

Tale minimo esente dovrebbe preferenzialmente essere inteso come una maxi-deduzione a valere su tutta la distribuzione dei redditi (o su parte di essa), adeguando corrispondentemente il livello delle aliquote.

Riordino IVA
Le Commissioni ritengono opportuno che venga prevista anche una specifica delega al Governo per la ridefinizione della disciplina IVA, ai fini di una sua semplificazione e di una possibile riduzione dell’aliquota ordinaria attualmente applicata (ora al 22 per cento).

Cambio di paradigma nei rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente

La riforma fiscale - si legge ancora nel documento - dovrebbe cogliere l’occasione per determinare un cambio di paradigma nei rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente, con un nuovo Patto Fiscale tra Stato e cittadini.

In tale direzione andrebbe dunque anche previsto un meccanismo strutturale di premialità per i contribuenti leali, inclusa la concessione di forme di certificazione del rispetto delle obbligazioni tributarie, in base alle quali riconoscere, in maniera automatica, benefici, quali riduzioni dei termini di controllo e accertamento e dei tempi di rimborso fiscale.

In tale ottica si propone inoltre valutare l’introduzione di una nuova norma di principio che imponga agli uffici dell’ente impositore l’obbligo di assolvere ad uno specifico onere motivazionale anche in relazione ai chiarimenti forniti dal contribuente, dando conto espressamente delle giustificazioni dallo stesso offerte e argomentando puntualmente sulla loro relativa fondatezza.

Secondo la Commissione è infine auspicabile superare le residue forme ancora presenti di attività di controllo basate sulla ricostruzione presuntiva di reddito o ricavi (ad esempio: redditometro, indagini finanziarie su imprese, società non operative, accertamento analitico-induttivo) nei casi in cui l’utilizzo dei dati presenti nelle banche dati permettano una ricostruzione analitica dei ricavi o dei compensi e consentano di ricostruire puntualmente il reddito di imponibile delle persone fisiche e giuridiche.

Riforma sanzioni e attività di riscossione

L’apparato sanzionatorio, si rileva, dovrebbe esplicitamente escludere i casi di omesso versamento per errore o per grave carenza di liquidità. E l’attività di riscossione dovrebbe superare l’approccio meramente formale e virare verso una gestione del processo produttivo interamente concentrata su efficienza ed efficacia.

Rateizzazione per lavoratori autonomi

Per i lavoratori autonomi andrebbe istituito un meccanismo di rateizzazione opzionale, destinato alle persone fisiche, società di persone o di capitali ovvero associazioni tenute al versamento di saldo e acconto.

La rateizzazione potrebbe prevedere il versamento del saldo e del primo acconto in sei rate mensili di uguale importo da luglio a dicembre dello stesso anno; inoltre, il versamento del secondo acconto o in un’unica soluzione, entro il 31 gennaio dell’anno seguente, o in sei rate mensili di pari importo da gennaio a giugno dell’anno seguente. I versamenti avverrebbero ovviamente senza l’applicazione di alcuna sanzione e/o interesse.

Tale misura non avrebbe impatti sulla finanza pubblica in termini di indebitamento netto e dovrebbe comunque essere accompagnata dalla contestuale eliminazione o sostanziale riduzione della ritenuta d’acconto.

Tassazione reddito di impresa e reintroduzione del regime opzionale

Per quanto riguarda la tassazione sul reddito d’impresa le Commissioni raccomandano la reintroduzione del regime opzionale, che comporta, per le imprese individuali e le società di persone in contabilità ordinaria, la possibilità di optare per l’applicazione di un’aliquota proporzionale, a condizione che l’utile prodotto sia re-investito in azienda, ferma restando la possibilità di dedurre dal reddito di impresa le somme prelevate dai soci per la distribuzione, a sua volta tassata ordinariamente.

Lotta all’evasione

Sul fronte della lotta all’evasione le indicazioni delle Commissioni sono quelle di ampliare l’utilizzo della fatturazione elettronica anche alle categorie oggi esenti, con un nuovo contemperamento dei principi di tutela della privacy con quelli di contrasto all’evasione fiscale, finalizzato a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno realizzarsi dei vantaggi derivanti dalla crescente digitalizzazione degli adempimenti fiscali.

Riforma Irap

Per quanto riguarda l’Irap, a giudizio della Commissione, è giunta l’ora di superarla, facendola magari confluire, come addizionale, nell’Ires.

La circostanza potrebbe determinare un incremento dell’aliquota dell’imposta sulle società, ma sarebbe comunque un importante passo in avanti nella direzione della semplificazione.

Del resto, in alcuni casi, le imprese in perdita devono versare il tributo regionale. Il problema risulterebbe superato ove l’IRAP si trasformasse in un incremento dell’aliquota IRES.

La ratio delle scelte del documento

La “strategia” del documento è articolata in due capitoli.

Il primo contiene gli obiettivi dell’intervento di riforma e cioè stimolare l’incremento del tasso di crescita potenziale dell’economia italiana e rendere il sistema fiscale più semplice e certo (con riguardo a questo secondo obiettivo sono elencate quattro misure specifiche).

Il secondo capitolo contiene invece le misure riguardanti i principali segmenti del nostro sistema tributario, dall’Irpef, all’Ires, dall’Iva al trattamento fiscale dei redditi finanziari, passando per le specificità proprie del mondo del lavoro autonomo e per le tematiche connesse al potenziamento della lotta all’evasione fiscale e al miglioramento del rapporto tra fisco e contribuente.

La Commissione ritiene dunque che l’intervento di riforma debba essere guidato da due obiettivi fondamentali:

  • crescita dell’economia;
  • e semplificazione del sistema tributario.

Quanto al primo punto, la letteratura economica è concorde nel considerare un’elevata aliquota implicita sul lavoro un ostacolo fondamentale alla crescita economica e all’occupazione.

L’aliquota implicita di tassazione sul capitale è inoltre in Italia al 29,2 per cento, contro la media europea del 23 per cento e un’aliquota così elevata tende a scoraggiare il risparmio.

Aliquote marginali troppo alte e troppo superiori all’aliquota media pongono infine problemi di incentivi all’offerta di lavoro ed amplificano le distorsioni del sistema di tassazione individuale, laddove il ciclo di audizioni ha confermato che la struttura delle aliquote marginali effettive presenti nel nostro sistema è altamente inefficiente, nonché dannosa per la crescita economica.

Quanto invece alla necessità di semplificazione, le Commissioni rilevano che in questi cinquant’anni il sistema tributario è stato oggetto di numerosi interventi caratterizzati da disorganicità, mutevolezza e significativa instabilità dell’impianto normativo, con l’effetto di produrre una stratificazione di norme, meccanismi e adempimenti che hanno elevato a dismisura il grado di complessità del sistema.

La Commissione concorda quindi su quattro punti su cui l’azione di semplificazione potrebbe concretamente esplicitarsi:

  • a) La codificazione delle norme fiscali. La Commissione ritiene sia necessario racchiudere i Testi unici esistenti e le altre norme tributarie, dopo averli opportunamente trasformati da compilativi in innovativi al fine di poter recepire le auspicate ulteriori semplificazioni, in un Codice Tributario strutturato nelle tre seguenti parti:
    • 1) Principi generali di diritto tributario, anche con riferimento al diritto dell’Unione europea;
    • 2) Procedura tributaria e sanzioni: Testo unico degli adempimenti e accertamento; Testo unico delle sanzioni amministrative; Testo unico della giustizia tributaria; Testo unico della riscossione coattiva;
    • 3) Parte speciale, con titoli distinti per le singole imposte e tasse: Testo unico delle imposte sui redditi; Testo unico dell’IVA; Testo unico delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni, donazioni e bollo; Testo unico dei tributi erariali minori; Testo unico in materia doganale, di accise e di giochi; Testo unico dei tributi regionali e locali; Testo unico delle agevolazioni.
  • b) Elevazione al rango costituzionale di alcune parti dello Statuto del contribuente, e, nella specie, quelle relative ai principi di chiarezza, semplicità e irretroattività delle disposizioni tributarie.
  • c) Cancellazione di tributi minori. La Commissione ha condotto una specifica riflessione sui cosiddetti micro prelievi. Tali forme di imposizione contribuiscono alla complessità del sistema anche per i molteplici adempimenti che implicano e presentano costi gestionali elevati (il cd. super- bollo, la tassa di laurea, le tasse di pubblico insegnamento, l’imposta sugli intrattenimenti, la maggiorazione del tributo comunale sui rifiuti, la tassa regionale di abilitazione all’esercizio professionale, l’addizionale regionale sui canoni per le utenze di acque pubbliche, i diritti di licenza sulle accise, etc.).
  • d) Avvicinamento tra bilancio fiscale e bilancio civilistico. La Commissione ritiene necessario proseguire con decisione il percorso di razionalizzazione del sistema e di avvicinamento tra i due criteri (già avviato con gli IAS – International Accounting Standards), al fine di ridurre la complessità e favorire la stabilità delle regole.

Il secondo capitolo riguarda poi le singole misure proposte.

Quanto alla scelta del modello di imposta sui redditi, la Commissione rileva che i modelli prevalenti per quanto concerne la determinazione della base imponibile dell’imposta sui redditi personali sono essenzialmente due:

  • a) Comprehensive Income Taxation (CIT): prevede l’inclusione di tutti i redditi nella base imponibile sottoposta a tassazione progressiva;
  • b) Dual Income Taxation (DIT): prevede l’applicazione di un’imposta proporzionale su tutti i redditi da capitale, di solito coincidente con la prima aliquota di quella progressiva sui redditi da lavoro.

Al momento la situazione italiana può più propriamente essere descritta come una PIT: Plural Income Taxation.

Esiste infatti una elevata frammentazione delle tipologie di reddito che sono sottoposte a diversi regimi sostitutivi, con una molteplicità di trattamenti fiscali soggetti ad aliquota proporzionale, tutti differenti tra loro, accanto ad un’imposta progressiva sui redditi di lavoro (soprattutto dipendente) e sulle pensioni.

La crescente estensione dei regimi di tassazione sostitutiva determina poi un carico fiscale diseguale tra le varie fonti di reddito, riducendo la base imponibile dell’Irpef di circa un decimo, effetto in gran parte riconducibile alla tassazione dei redditi finanziari, dei redditi d’impresa e dei redditi da lavoro autonomo, soprattutto dopo l’estensione del prelievo proporzionale ai soggetti con ricavi non superiori a 65 mila euro.

Anche se ricondurre il sistema italiano al modello CIT avrebbe indubbi vantaggi in termini di equità orizzontale, tale opzione, secondo la Commissione, implicherebbe comunque l’incremento sostanziale della tassazione su diverse categorie reddituali.

Pertanto la Commissione concorda che il sistema di imposizione sul reddito dovrebbe evolvere verso un modello tendenzialmente duale, in cui il livello delle aliquote sui redditi da capitale (nonché degli regimi sostitutivi cedolari) sia sufficientemente prossimo all’aliquota applicata al primo scaglione Irpef.

Quanto poi alla scelta dell’unità impositiva dell’imposta sui redditi, la Commissione rileva che esistono ragioni ben definite per motivare la scelta tra l’individuo o la famiglia come unità impositiva di un’imposta sul reddito.

La scelta dell’individuo presuppone che la sua capacità contributiva sia indipendente dalle scelte personali in merito alla composizione del nucleo familiare. La scelta della famiglia invece presuppone che le decisioni degli individui vengano prese in base al flusso di reddito complessivo del nucleo familiare.

Il nostro sistema, fin dal 1976, è basato sul reddito individuale. I correttivi finalizzati a considerare in modo più compiuto il nucleo familiare (come lo splitting – utilizzato in Germania, Irlanda e USA – o il quoziente familiare, utilizzato in Francia) hanno il vantaggio di ridurre o eliminare la discriminazione nei confronti dei nuclei familiari in cui la ripartizione del reddito sia molto sperequata.

Tuttavia, rileva la Commissione, tali sistemi comportano il rischio di disincentivare l’offerta di lavoro del secondo percettore di reddito, che, solitamente, nel nostro Paese è di sesso femminile.

Inoltre, la risoluzione del Parlamento europeo sull’uguaglianza di genere e politiche fiscali del 15 gennaio 2019 ribadisce che la tassazione individuale sia da preferire a qualsiasi alternativa su base familiare.

Alla luce di quanto precede, la Commissione concorda che sia opportuno mantenere il reddito individuale come unità impositiva dell’imposta personale sui redditi.

In aggiunta, si propone però di considerare l’introduzione di una tassazione agevolata per un periodo predefinito in caso di ingresso al lavoro del secondo percettore di reddito, il cui ammontare sia congruamente superiore alla detrazione per familiare a carico.

Quanto all’Ires, la Commissione ritiene sia importante concentrare tre tipologie di incentivi:

  • a) gli incentivi a comportamenti in linea con la transizione ecologica;
  • b) gli incentivi alle aggregazioni di realtà imprenditoriali di dimensioni minori;
  • c) gli incentivi al re-investimento dell’utile in investimenti atti a migliorare la produttività a livello di azienda, nonché alle politiche aziendali tese alla creazione di posti di lavoro aggiuntivi.

Gli incentivi di cui sopra possono prendere la forma, alternativamente, di una riduzione dell’aliquota applicata o della base imponibile.

Al fine poi di consentire un beneficio più immediato per l’impresa la Commissione ritiene altresì sia utile considerare l’introduzione del meccanismo cosiddetto “carry back”, in virtù del quale consentire la deducibilità delle perdite maturate in un determinato esercizio non solo dagli esercizi successivi (come attualmente previsto dall’art. 84 del TUIR), ma anche dall’esercizio immediatamente precedente.

La Commissione raccomanda altresì di estendere la platea dei contribuenti che possono accedere al regime di “adempimento cooperativo” (cooperative compliance), introdotto in Italia dal D.lgs. n. 128/ 2015, alle società con fatturato non inferiore ad un miliardo di euro.

La Commissione, come accennato, ritiene infine opportuno che il disegno di legge in materia fiscale contenga una specifica delega al Governo per la ridefinizione della disciplina Iva ai fini di una sua opportuna semplificazione e di possibile riduzione dell’aliquota ordinaria attualmente applicata.

 

Riforma del sistema tributario: osservazioni

 

Tanto premesso, lo sforzo di sintesi delle proposte dei partiti effettuato dalle Commissioni è senz’altro encomiabile.

Tuttavia restano alcune zone d’ombra.

Intanto si parla poco di riduzione delle spese.

Per quanto concerne le spese fiscali, la Commissione si limita a dire di ritenere indispensabile che il disegno di legge delega contenga le necessarie premesse per una azione volta al raggiungimento dei seguenti obiettivi:

  • a) una riduzione della loro numerosità;
  • b) una semplificazione del sistema.

Le modalità attraverso cui raggiungere i sopra citati obiettivi sono poi così individuate:

  • a) l’eliminazione di quelle spese fiscali il cui beneficio pro-capite medio (ovvero il numero di beneficiari) sia inferiore ad una soglia appositamente determinata;
  • b) il passaggio (completo o parziale) del complesso delle agevolazioni sul lato delle uscite pubbliche, istituendo un meccanismo volontario di erogazione diretta del beneficio – a fronte del pagamento con strumenti tracciabili – con l’ausilio degli strumenti tecnologici a disposizione.

Poi (e il tema è connesso a quello precedente) non si parla di coperture.

Le proposte avanzate valgono circa 40 miliardi di euro, a coprire i quali non basteranno il riassorbimento del bonus 80 euro.

Come visto inoltre viene “preferito” il modello di imposizione individuale, senza aprire a prospettive di splitting o quoziente familiare.

E anche la “difesa” del modello dual income tax (seppur rivisitato) a fronte del modello comprehensive income tax ha delle conseguenze, laddove un passaggio netto alla CIT (senza distinzione di trattamento tra redditi) avrebbe consentito un più radicale intervento sulla selva di detrazioni e deduzioni esistenti.

In ogni caso, il primo passo è compiuto.

Ora al Governo l’ulteriore lavoro di sintesi operativa.

 

 

 

 

24 MAGGIO 2021

 

la misura contenuta nell’ultima bozza del decreto Sostegni bis, precedente all’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del 20 maggio scorso, prevede una decontribuzione per i datori di lavoro che non licenziano nel 2021. A stabilirlo è l’articolo 43 che fissa anche le condizioni ed i limiti di accesso all’agevolazione.

Le aziende non dovranno licenziare fino a fine anno e potranno vedere riconosciuto un esonero dai versamenti fino al doppio delle ore di integrazione salariale che sono state fruite nei primi tre mesi dell’anno in corso.

Sono esclusi da tale esonero i contributi INAIL mentre resta ferma l’aliquota di computo ai fini delle prestazioni pensionistiche.

Esonero contributi commercio, turismo e terme: nel decreto Sostegni bis decontribuzione fino al 31 dicembre 2021

 

 

La misura, che dovrà essere riconfermata dal testo in fase di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è inserita nell’articolo 43 della bozza.

Tale articolo ha, infatti, come oggetto la “Decontribuzione settori del turismo e degli stabilimenti termali e del commercio”

Al comma 1 di tale articolo si legge:

“Ai datori di lavoro privati dei settori del turismo e degli stabilimenti termali e del commercio a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è riconosciuto, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, fruibile entro il 31 dicembre 2021, nel limite del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2021, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’INAIL. L’esonero è riparametrato e applicato su base mensile.” Innanzitutto, viene stabilito il periodo dell’agevolazione, che è quello compreso tra la data di entrata in vigore del DL Sostegni bis e il 31 dicembre 2021.

Il limite dell’esonero contributivo è il doppio delle ore di integrazione salariale, fruite nel 1° trimestre dell’anno in corso.

Resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche mentre sono esclusi i premi ed i contributi dovuti all’INAIL.

I requisiti per l’accesso all’agevolazione sono nel comma 2 dello stesso articolo. Per poter beneficiare dello sgravio contributivo i datori di lavoro devono evitare i licenziamenti per tutto l’arco del 2021, in base ai divieti di cui all’articolo 8, commi da 9 a 11, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, ovvero il decreto Sostegni.

Nel caso in cui il divieto di licenziamento non venga rispettato, l’esonero contributivo viene revocato in modo retroattivo e viene prevista l’impossibilità di presentare domanda di integrazione salariale.

Esonero contributi commercio, turismo e terme: risorse e condizioni

Nell’articolo 43 della bozza del decreto Sostegni bis viene stabilito che la misura in questione è cumulabile con altri esoneri o riduzione di aliquote, nei limiti dei contributi dovuti dai datori di lavoro.

Le minori entrate previste vengono valutate in 770 milioni di euro per l’anno 2021, l’INPS provvederà al monitoraggio del limite di spesa. Qualora venisse superato non verranno adottati altri provvedimenti concessori.

La misura è inoltre concessa nei limiti della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea sul «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19».

“Nel comma 5 viene inoltre stabilito che L’efficacia delle disposizioni del presente articolo è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea.”

 

Le risorse necessarie per il 2023 sono valutate in 97 milioni di euro.

La misura si aggiunge alle altre azioni messe in campo dal governo nel provvedimento da 40 miliardi di euro, tra le quali si inserisce la nuova tornata di contributi a fondo perduto, il bonus affitti e le misure in favore dell’acquisto della prima casa da parte di giovani under 36.

Esonero canone RAI, la misura per bar ristoranti e strutture ricettive tra gli emendamenti al DL Sostegni

 

 

 

Esonero canone RAI, bar, ristoranti e strutture ricettizie non dovranno pagare l'abbonamento per il 2021. A confermare l'emendamento approvato in Commissione Bilancio e Finanze del Senato è il testo della legge di conversione del decreto Sostegni, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 maggio 2021.

 

Esonero canone RAI, la misura è stata inserita nella legge di conversione del decreto Sostegni da un emendamento approvato in Commissione Bilancio e Finanze del Senato ed e stata confermata nel testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 maggio 2021.

L'intervento elimina abbonamento relativo all'anno 2021 in favore delle strutture ricettizie e di somministrazione e consumo di bevande in locali pubblici o aperti al pubblico, di bar e ristoranti.

Per i soggetti che hanno già provveduto a pagare il canone Rai ed hanno diritto all'esonero, riceveranno un credito d'imposta dello stesso importo delle somme versate.

Esonero canone RAI, la misura per bar ristoranti e strutture ricettive nel testo del DL Sostegni in Gazzetta Ufficiale

L'esonero del canone RAI rientra tra gli interventi che sono confluiti nel testo di conversione in legge del decreto Sostegni, che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 21 maggio.

I destinatari della misura, che esclude dal pagamento dell'abbonamento per il 2021, sono le strutture ricettizie e di somministrazione e consumo di bevande in locali pubblici o aperti al pubblico, bar e ristoranti.

Ad inserire l'azione a sostegno di alcune delle attività particolarmente colpite dalle misure restrittive imposte dal governo per limitare i contagi da coronavirus è un emendamento al decreto Sostegni, approvato in Commissione Bilancio e Finanze del Senato tra il 3 e il 4 maggio.

L'emendamento, confermato con modifiche nel testo definitivo, interviene sui commi da 5 a 7 dell'articolo 6, che ha come oggetto, appunto la Tariffa speciale del Canone RAI, quella prevista per le strutture in questione.

Nel comma 5 viene, tra le altre cose, specificato che sono comprese nell'agevolazione anche le attività simili a quelle indicate che sono svolte da enti del terzo settore.

Esonero canone RAI: le risorse a disposizione e il credito d'imposta per chi ha già pagato

A definire le risorse economiche a disposizione per la misura sono i commi 6 e 7: il 6° comma indica l'impiego di 83 milioni di euro, il seguente ne individua le coperture.

Per i soggetti che hanno già provveduto al pagamento del canone RAI è previsto un credito d'imposta pari al 100% della somma versata nel periodo precedente all'entrata in vigore del decreto.

Tale credito di imposta, come previsto dal testo dell'emendamento, non concorre alla formazione del reddito imponibile.

In sostanza, quindi, la somma messa a disposizione della dotazione verrà dunque impiegata in due modi:

per coprire le spese relative al credito d'imposta stabilito in favore dei soggetti che hanno già versato il canone RAI;

per provvedere al trasferimento, in favore della RAI, delle somme corrispondenti alle minori entrate, per effetto dell'intervento in questione.

 

L'ultimo comma dell'articolo 6 stabilisce la copertura dell'azione che di fatto intensifica quanto già previsto nel testo del decreto Sostegni pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

L'articolo 6, con oggetto “Riduzione degli oneri delle bollette elettriche e della tariffa speciale del Canone RAI” al comma 5 stabiliva la riduzione del 30 per cento del canon e per gli stessi soggetti.

Con le attuali azioni, che non rientrano quindi nel decreto Sostegni bis ma nella legge di conversione del primo provvedimento economico dell'esecutivo Draghi, elimina completamente le spese per l'abbonamento relativo all'anno 2021.

 

 

 

Superbonus case antisismiche, ok al sismabonus per nuovi acquirenti ma non per imprese di costruzione

 

 

 

Superbonus case antisismiche, agevolazione per i nuovi acquirenti ma non per le imprese di costruzione. A chiarirlo è l'Agenzia delle Entrate nella risposta all'interpello numero 364 del 24 maggio 2021: i destinatari devono acquistare l'unità immobiliare entro 18 mesi dalla conclusione dei lavori ed entro il 31 dicembre 2021.

 

Superbonus case antisismiche, i nuovi acquirenti sono ammessi all'agevolazione per immobili demoliti e ricostruiti mentre l'impresa di costruzione non può beneficiare delle detrazioni.

A spiegarlo è la risposta all'interpello numero 364 del 24 maggio 2021 dell'Agenzia delle Entrate.

Il sismabonus acquisti è destinato a chi compra gli appartamenti in vendita entro 18 mesi dalla conclusione dei lavori ed entro la data del 31 dicembre 2021.

Di contro il sismabonus è riconosciuto alle imprese, a prescindere dalla destinazione dell'immobile, ma solo per edifici esistenti e non per fabbricati di nuova costruzione.

L'impresa è dunque esclusa dall'agevolazione in questione.

Superbonus case antisismiche, ok al sismabonus per i nuovi acquirenti ma non per le imprese di costruzione

Il superbonus case antisismiche può essere riconosciuto ai nuovi acquirenti mentre l'impresa di costruzione non è ammessa alle detrazioni per riqualificazioni energetiche e sismabonus, per il fondo commerciale che intende utilizzare come sede operativa.

A chiarirlo è la risposta all'interpello numero 364 del 24 maggio 2021 dell'Agenzia delle Entrate

 

Agenzia delle Entrate - Risposta all'interpello numero 364 del 24 maggio 2021

Articolo 16, comma 1-septies decreto legge 4 giugno 2013, n. 63. Detrazioni acquisto case antisismiche.

 

Come di consueto i chiarimenti nascono da un caso concreto: quello di una società che ha demolito, ricostruito e suddiviso in unità abitative un immobile situato in un comune di una zona a rischio sismico 3.

L'istante spiega che la procedura di autorizzazioni è iniziata dopo il 1° gennaio 2017 e prima del 1° maggio 2019.

Per gli interventi è stata inoltre inclusa l'attestazione del miglioramento sismico delle classi energetiche.

I quesiti posti all'Amministrazione finanziaria sono due:

se i nuovi acquirenti hanno diritto alla detrazione d'imposta;

se il costruttore ha diritto a delle detrazioni per il costituendo fondo commerciale che verrà utilizzato come sede.

 

In merito l'Agenzia delle Entrate fornisce parere positivo nel primo caso mentre negativo nel secondo.

Nel documento di prassi l'Agenzia delle Entrate richiama la normativa di riferimento ed i precedenti pareri forniti in merito alle agevolazioni.

Come già spiegato nella circolare 24/E del 2020, il superbonus si applica anche alle spese sostenute dagli acquirenti di case antisismiche, ovvero unità immobiliari inserite in edifici situati in zone classificata a rischio sismico 1, 2, 3.

L'agevolazione spetta, dunque, per quegli edifici demoliti e ricostruiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che vengano rivenduti entro 18 mesi dal termine dei lavori.

La stipula del rogito, invece, deve avvenire entro il 31 dicembre 2021.

I risposta al primo quesito, come chiarito dalla circolare 19/E del 2020, la norma in commento è inserita nel contesto delle disposizioni che disciplinano il sismabonus, commi da 1-bis a 1-sexies.1 del medesimo articolo 16, cambiandone le regole per l'applicazione.

Tuttavia i beneficiari dell'agevolazione fiscale sono proprio gli acquirenti delle nuove unità immobiliari.

Secondo l'interpretazione dell'Agenzia delle Entrate, quindi, i soggetti possono avere accesso all'agevolazione.

Superbonus case antisismiche: impresa di costruzione esclusa dalle agevolazioni

In risposta al secondo quesito posto dall'istante, l'Agenzia delle Entrate non sposa la soluzione proposta.

Il parere negativo alle fruizione del sismabonus e alle detrazioni per riqualificazioni energetiche viene fornito dopo aver richiamato precedenti documenti di prassi.

Nello specifico la risoluzione n. 34 del 25 giugno 2020, chiarisce che gli interventi disciplinati dagli articoli 14 e 16 del decreto legge 63 del 2014 sono assimilabili agli altri interventi effettuati dalle imprese su immobili posseduti o detenuti.

Le agevolazioni, quindi, spettano sia per immobili strumentali, sia per beni merce o patrimoniali.

In linea teorica, tuttavia, le detrazioni del sismabonus e dell'ecobonus spettano anche alle imprese, in relazione agli interventi combinati e alla messa in sicurezza di tutti gli edifici.

Nel caso specifico, però, l'impresa è esclusa dalle detrazioni dal momento che il documento di prassi sottolinea quanto segue:

“Tuttavia, si evidenzia che sia gli interventi finalizzati alla riduzione del rischio sismico che quelli finalizzati al risparmio energetico devono essere realizzati, ai fini delle detrazioni rispettivamente spettanti, su "edifici esistenti", essendo esclusi dal beneficio i fabbricati di nuova costruzione.”

 

In altre parole, per essere agevolabili gli interventi non possono essere effettuati su edifici di nuova costruzione, come prospettato dall'istante.

Per questo motivo, per le spese sostenute per gli interventi antisismici e di riqualificazione energetica, l'impresa non potrà beneficiare delle detrazioni previste dagli articoli 14 e 16 del decreto legge n. 63 del 2013.

 

Bollo sulle fatture elettroniche, chi paga entro la scadenza del 31 maggio 2021

 

 

Bollo sulle fatture elettroniche, prima scadenza dell'anno il 31 maggio 2021: chi paga entro tale termine e quando è invece possibile differire il pagamento a settembre o novembre? È l'importo dovuto a dettare i tempi per il versamento.

 

Bollo sulle fatture elettroniche, prima scadenza il 31 maggio 2021: si avvicina il termine per versare l'imposta dovuta sulle e-fatture del primo trimestre.

L'appuntamento è influenzato dal nuovo calendario previsto dal decreto MEF del 4 dicembre 2020, che lega termini di versamento all'ammontare dell'imposta dovuta.

È fissata a 250 euro la soglia da considerare per capire chi paga entro il 31 maggio 2021, importo che dovrà essere considerato su base trimestrale.

A dare evidenza dell'ammontare del bollo dovuto sulle fatture elettroniche del primo trimestre è l'Agenzia delle Entrate, nell'ambito del nuovo servizio disponibile sul portale “Fatture e Corrispettivi”.

Bollo sulle fatture elettroniche, chi paga entro la scadenza del 31 maggio 2021

La scadenza del 31 maggio 2021 relativa all'imposta di bollo dovuta per il primo trimestre dell'anno chiama alla cassa esclusivamente coloro che sono tenuti a versare un importo superiore a 250 euro.

Il nuovo calendario dei versamenti disegnato dal decreto del Ministero dell'Economia dello scorso 4 dicembre 2020 conferma la possibilità di differire il versamento alla scadenza prevista per il secondo o il terzo trimestre.

Nel dettaglio, se l'importo dell'imposta di bollo dovuta in relazione alle fatture elettroniche del primo trimestre 2021 non supera i 250 euro, sono due le vie a disposizione del titolare di partita IVA.

La prima prevede la possibilità di pagare la somma in scadenza il 31 maggio 2021 entro il 30 settembre, termine di versamento del bollo dovuto sulle fatture elettroniche del secondo trimestre.

La seconda via si applica nei casi in cui l'imposta complessivamente dovuta sia inferiore a 250 euro considerando sia il primo che il secondo trimestre dell'anno. In tal caso, considerando l'importo dovuto su base semestrale, il pagamento potrà essere effettuato entro la scadenza del 30 novembre 2021.

Scadenza bollo e-fatture del 31 maggio 2021, calcolo dell'importo dal 15 maggio su Fatture e Corrispettivi

La scadenza del 31 maggio relativa al bollo sulle fatture elettroniche dovute per il primo trimestre 2021 coincide con il debutto, a livello operativo, della nuova funzionalità predisposta dall'Agenzia delle Entrate e disponibile sul portale “Fatture e Corrispettivi”.

Per effetto di quanto previsto dal decreto legge n. 34/2019, all'articolo 12-novies, l'Agenzia delle Entrate nell'ottica di stimolare l'adempimento spontaneo, mette a disposizione di contribuenti ed intermediari i dati relativi all'imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche emesse, integrati con i dati relativi alle fatture che non recano l'assolvimento dell'imposta di bollo ma per le quali risulta dovuta.

Nella pratica, vengono messi a disposizione due elenchi distinti, l'elenco A (non modificabile) e l'elenco B. Quest'ultimo contiene gli estremi delle fatture che, secondo i controlli effettuati dall'Agenzia delle Entrate, presentano i presupposti per il versamento dell'imposta di bollo.

Per quel che riguarda le fatture del primo trimestre, entro il 15 aprile 2021 era possibile consultare l'elenco e modificarlo. Dal 15 maggio 2021 è invece visibile online l'importo dell'imposta di bollo calcolato dall'Agenzia delle Entrate, sommando i dati indicati nell'elenco A e B.

 

 

(*) Se l'importo dovuto per il primo trimestre non supera 250 euro, il versamento può essere eseguito entro il 30 settembre.
(**) Se l'importo dovuto complessivamente per il primo e secondo trimestre non supera 250 euro, il versamento può essere eseguito entro il 30 novembre.

Scadenza del bollo sulle fatture elettroniche, per individuare il trimestre fanno fede data di consegna e messa a disposizione

In merito all'individuazione del trimestre di riferimento, si evidenzia che vengono considerate le fatture in cui:

la data di consegna, contenuta nella “ricevuta di consegna” rilasciata al termine dell'elaborazione, è precedente alla fine del trimestre;

la data di messa a disposizione (contenuta nella “ricevuta di impossibilità di recapito) è precedente alla fine del trimestre.

 

A titolo di esempio, se quindi una fattura elettronica è datata e trasmessa al SdI entro il 30 marzo, e la data di consegna presente nella ricevuta è il 31 marzo, la stessa sarà considerata ai fini del calcolo dell'imposta dovuta entro la scadenza del 31 maggio 2021 (se l'importo supera i 250 euro).

Al contrario, una fattura elettronica datata e trasmessa al Sistema di Interscambio il 30 marzo, la cui data di consegna attestata nella ricevuta è il 1° aprile, viene considerata, ai fini del bollo, tra le fatture relative al secondo trimestre.

 

 

Il giudicato nel processo tributario

 

 

 

 

Il giudicato nel processo tributario: alcune osservazioni partendo dal caso analizzato dall'Ordinanza della Corte di Cassazione numero 11400 del 2021. Protagonista è un contribuente destinatario di un avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate per recuperare l'IVA non versata.

 

La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza numero 11400 del 30 aprile 2021, ha chiarito quali sono i presupposti per poter invocare gli effetti del giudicato nell'ambito del processo tributario.

Nel caso di specie, il contribuente, titolare di una ditta individuale esercente commercio al minuto di articoli di abbigliamenti, impugnava l'avviso di accertamento di rettifica parziale, emesso ai fini Iva per l'anno 1997, con cui l'Agenzia delle Entrate, avendo il contribuente operato vendite a prezzi antieconomici, recuperava l'imposta non versata.

Il ricorso era accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza poi confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale.

La Corte di Cassazione, su ricorso dell'Ufficio, cassava però con rinvio la statuizione di secondo grado per difetto di motivazione.

E, infine, il contribuente proponeva ancora ricorso per cassazione, denunciando, per quanto di interesse, omessa pronuncia e violazione degli artt. 112 c.p.c. e 2909 c.c., per non avere il giudice di secondo grado preso in considerazione l'eccezione di giudicato, avuto riguardo alle sentenze della Corte di Cassazione che avevano già dichiarato inammissibile il ricorso dell'Ufficio relativo ai giudizi per le annualità 1995 e 1996.

 

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 11400 del 30 aprile 2021

Il testo integrale dell'Ordinanza della Corte di Cassazione numero 11400 del 30 aprile 2021.

 

Il giudicato nel processo tributario: la decisione della Corte di Cassazione

Secondo la Suprema Corte la censura era infondata (oltre che ai limiti dell'inammissibilità).

Nella vicenda concreta, rileva la Cassazione, non era infatti configurabile una efficacia espansiva del giudicato delle decisioni invocate.

La questione atteneva, in sostanza, ai limiti in cui è configurabile nel processo tributario l'istituto del giudicato esterno, e la sua correlata efficacia espansiva, che ha quale fondamentale punto di riferimento la sentenza delle Sezioni Unite n. 13916 del 16 giugno 2006, laddove la Corte ha, in particolare, precisato che, “qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo”; e “tale principio non trova deroga in caso di situazioni giuridiche di durata, giacché anche in tal caso l'oggetto del giudicato è un unico rapporto e non gli effetti verificatisi nel corso del suo svolgimento, e conseguentemente neppure il riferimento al principio dell'autonomia dei periodi d'imposta può consentire un'ulteriore disamina tra le medesime parti della qualificazione giuridica del rapporto stesso contenuta in una decisione della commissione tributaria passata in giudicato”.

La Corte ha poi del resto anche precisato che:

a) il processo tributario non è un giudizio sull'atto (da annullare), ma ha, invece, ad oggetto la tutela di un diritto soggettivo del contribuente ed è quindi un giudizio che inevitabilmente si estende al merito e, dunque, anche all'accertamento del rapporto;
b) si deve escludere che il giudicato (salvo che il giudizio non si sia risolto nell'annullamento dell'atto per vizi formali o per vizio di motivazione) esaurisca i propri effetti nel limitato perimetro del giudizio in esito al quale si è formato e se ne deve pertanto ammettere una potenziale capacità espansiva in un altro giudizio tra le stesse parti, secondo regole non dissimili - nei limiti della “specificità tributaria” - da quelle che disciplinano l'efficacia del giudicato esterno nel processo civile;
c) se è vero che l'autonomia dei periodi d'imposta comporta l'indifferenza della fattispecie costitutiva dell'obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori del periodo considerato, è altrettanto vero che una tale indifferenza trova ragionevole giustificazione solo in relazione a quei fatti che non abbiano caratteristica di durata e che comunque siano variabili da periodo a periodo, laddove vi sono, peraltro, anche elementi costitutivi della fattispecie a carattere (tendenzialmente) permanente, in quanto entrano a comporre la fattispecie medesima per una pluralità di periodi di imposta, quali le qualificazioni giuridiche (es. "ente commerciale"), assunte dal legislatore quali elementi preliminari per l'applicazione di una specifica disciplina tributaria e per la determinazione in concreto dell'obbligazione per una pluralità di periodi d'imposta.

In conclusione, rileva la Corte, va quindi escluso che il giudicato relativo ad un singolo periodo d'imposta sia idoneo, ex se, a “fare stato”, in via generalizzata, per i successivi periodi, potendo avere un tale effetto solo in relazione a quelle statuizioni che siano relative a qualificazioni giuridiche, o ad altri eventuali elementi preliminari caratterizzati dalla durevolezza nel tempo.

La successiva giurisprudenza della Sezione tributaria sì è del resto poi uniformata alla citata pronuncia delle Sezioni Unite, con un approccio interpretativo molto rigoroso, rilevando in particolare, che la sentenza del giudice tributario, che accerti definitivamente il contenuto e l'entità degli obblighi del contribuente per un determinato periodo d'imposta fa stato, quanto ai tributi dello stesso tipo da questi dovuti per gli anni successivi, solo per gli elementi che abbiano un valore “condizionante” inderogabile rispetto alla disciplina della fattispecie esaminata.

Laddove la pronuncia risolva una situazione fattuale riferita ad uno specifico periodo d'imposta, essa non può dunque estendere i suoi effetti automaticamente ad un'altra annualità, anche se siano coinvolti tratti storici comuni (ex plurimis, Cass. nn. 22941 del 2013, 1837 del 2014; Cass. n. 12763 del 2014).

Di rilievo, infine, è la puntualizzazione, operata da Cass. n. 4832 del 11 marzo 2015 (seguita poi da Cass. n. 14509 del 15 luglio 2016), per la quale

“l'effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti aventi, per legge, efficacia permanente o pluriennale, fatti, cioè, che, pur essendo unici, producono, per previsione legislativa, effetti per un arco di tempo che comprende più periodi d'imposta, ed in cui l'elemento della pluriennalità ... costituisce un elemento caratterizzante della fattispecie normativa, che unifica più annualità d'imposta in una sorta di maxiperiodo: gli esempi tipici sono quelli delle esenzioni o agevolazioni pluriennali, o della "spalmatura" in più anni dell'ammortamento di un bene o, in generale, della deducibilità di una spesa”, mentre esulano da tale ambito le fattispecie “tendenzialmente permanenti (come le "qualificazioni giuridiche"), ma che, proprio per essere tali, ben possono variare di anno in anno e delle quali, quindi, per ciascun anno va accertata la persistenza”

Tanto premesso, applicando i suddetti principi alla fattispecie in giudizio, venivano qui in rilievo rimanenze, valutazioni su periodi di saldi, vendite operate nel corso delle singole annualità, elementi positivi di reddito non dichiarati e non contabilizzati, ossia tutti elementi che si riferivano alla specifica annualità d'imposta e non riguardavano una fattispecie permanente, né “pluriennale”, né, comunque, una unitaria situazione di fatto “tendenzialmente durevole”, neppure assumendo rilievo, a tal fine, che le richiamate voci fossero contenute in uno stesso Pvc e fossero oggetto di parallele ricostruzioni induttive, rilevando sempre, in ogni caso, la specificità delle singole prestazioni anno per anno e, dunque, la puntuale valutazione dei requisiti di documentazione, inerenza, competenza ed effettività, nell'osservanza dei criteri di riparto dell'onere della prova.

Il giudicato nel processo tributario: alcune osservazioni

In conclusione, ogni tributo è costituito da elementi stabili ed elementi variabili, e il giudicato può esprimere portata vincolante esterna solo con riferimento agli elementi stabili.

La sentenza che abbia deciso con efficacia di giudicato relativamente ad alcune annualità fa dunque stato con riferimento anche ad annualità diverse solo in relazione a quei fatti che appaiano elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente, ma non con riferimento ad elementi variabili, che, per loro natura, con riferimento ai diversi periodi di imposta, sono destinati a modificarsi nel tempo (cfr., Cass., Sent. n. 15171 del 16/07/2020).

L'oggetto della res iudicata non ricomprende del resto neppure le valutazioni rese in ordine alle prove portate dall'Amministrazione a sostegno della pretesa fiscale, non risultando preclusa al giudice la facoltà di interpretare in modo autonomo gli strumenti probatori dedotti dalle parti, in relazione ai successivi provvedimenti che presuppongono diverse situazioni fattuali (cfr., Cass., Sent. n. 857 del 2010).

Quindi, pur essendo noto l'indirizzo secondo cui, laddove si ripresenti tra le stesse parti la medesima questione di diritto (Cass. n. 5272 del 2011; Cass. n. 4383 del 2011; Cass. n. 1198 del 2011; Cass. n. 2558 del 2010) e superandosi così il principio dell'autonomia dei periodi di imposta, la res iudicata possa fare stato, con riferimento ai tributi periodici, anche oltre alla singola vicenda dedotta in giudizio, va precisato però che tale efficacia si giustifica soltanto in relazione agli elementi costitutivi della fattispecie, che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumono, come detto, carattere tendenzialmente permanente.

É necessario quindi che si tratti di elementi aventi la caratteristica di eccedere il limitato arco temporale considerato dall'imposta periodica.

E, in difetto di tale presupposto, a nulla può invece rilevare la circostanza che la lite successiva richieda accertamenti di fatto già compiuti nel corso di quella precedente, in quanto l'efficacia oggettiva del giudicato non può riguardare singole questioni di fatto o di diritto (Cass. n. 4383 del 2011, Cass. n. 1198 del 2011, Cass. n. 25598 del 2010, Cass. n. 23401 del 2010, Cass. n. 27896 del 2009).

La preclusione del giudicato opera pertanto, in sostanza, solo nel caso di giudizi identici, per soggetti, causa petendi e petitum, laddove compito dei giudici tributari è appurare la legittimità della pretesa tributaria attinente allo specifico rapporto dedotto in giudizio, che potrà anche essere diverso (da un precedente giudizio), in quanto diversamente individuato (rispetto al precedente giudizio) per mezzo di differenti argomentazioni logiche e giuridiche.

Il giudicato copre infatti il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della stessa pronuncia (cfr., Cass. n. 3488 del 2016 e n. 25745 del 2017).

Vista l'autonomia dei singoli periodi d'imposta (che, ex art. 7 del Tuir, è espressione di un principio generale), deve quindi negarsi la possibile esistenza di un'unica obbligazione tributaria corrispondente a più periodi.

Per cui, l'eventualità che il giudicato, formatosi in ordine a un determinato periodo possa avere efficacia preclusiva nel giudizio relativo al medesimo tributo per un altro periodo va limitata al solo caso in cui si discorra degli elementi rilevanti necessariamente comuni ai distinti periodi d'imposta, potendosi in quel caso (e solo in quel caso) desumersi che l'accertamento di fatto su tali elementi (e solo l'accertamento di fatto) debba fare stato nel giudizio relativo alle obbligazioni sorte in un periodo d'imposta diverso.

L'esempio tipico è allora, come detto, quello delle cd. qualificazioni giuridiche (come quella di “ente commerciale” o di “soggetto residente”), ovvero quello delle condizioni di una esenzione o di una agevolazione pluriennale.

23 MARZO 2021


DECRETO SOSTEGNI

 

Venerdì 19 marzo 2021 è stato approvato, dal Consiglio dei Ministri, l’atteso decreto sostegni (primo vero Decreto economico targato “Draghi”), contenente nuove importanti misure di aiuto per imprese, lavoratori autonomi e cittadini a seguito dell’emergenza sanitaria ed economica causata dal Covid-19.

 

24 GENNAIO 2021


CIRCOLARE N° 1/2021: LA LEGGE DI BILANCIO E LE ALTRE NOVITA’

 

IN BREVE In vigore la legge di Bilancio 2021: prorogati Superbonus e incentivi edilizi Interessi legali allo 0,01% dal 2021 Le novità del Decreto “Ristori” convertito in legge Credito d’imposta per beni strumentali nuovi: le novità dal 2021 La registrazione degli incassi e dei pagamenti a cavallo d’anno nel regime “di cassa”

 

14 DICEMBRE 2020


DECRETO “RISTORI-QUATER”: APPROFONDIAMO

 

IN BREVE Con il decreto “Ristori-quater” proroga dei termini per dichiarazioni e versamenti e nuovi contributi a fondo perduto Fatture di fine anno: la detrazione IVA per le fatture ricevute “a cavallo d’anno” Versamento ed esenzione seconda rata IMU 2020 L’invio tardivo della dichiarazione dei redditi Termini di pagamento delle cartelle sospesi fino al 31

 

10 NOVEMBRE 2020


DECRETO RISTORI BIS

 

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 9 novembre 2020 il cosiddetto decreto “Ristori-bis” (D.L. 9 novembre 2020, n. 149). Entrano subito in vigore le ulteriori misure di ristoro per le attività economiche colpite, direttamente o indirettamente, dalle restrizioni deliberate nei giorni scorsi con il D.P.C.M. 3 novembre 2020

 

28 OTTOBRE 2020


DPCM RISTORI DEL 27/10/2020

 

È stato approvato ieri dal Consiglio dei Ministri il cosiddetto decreto-legge “Ristori”, che introduce una serie di misure urgenti e di aiuti a beneficio delle categorie, degli operatori economici e dei lavoratori interessati, direttamente o indirettamente, dalle restrizioni disposte a tutela della salute dai D.P.C.M di ottobre.

 

26 OTTOBRE 2020



DPCM DEL 25/10/2020: DETTAGLI UTILI

 

DPCM DEL 25/10/2020 È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 265 di domenica 25 ottobre 2020 il D.P.C.M. 24 ottobre 2020 recante le nuove restrizioni introdotte dal Governo per tentare di porre un argine al dilagare dei contagi in questa seconda ondata di Covid-19. A nulla sono valse le proteste di numerosi settori

 

4 SETTEMBRE 2020


DECRETO AGOSTO E TUTTE LE ALTRE NEWS DELL’ESTATE 2020

 

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14 agosto 2020, n. 203 – S.O. n. 30 – il D.L. 14 agosto 2020, n. 104, detto anche “Decreto di Agosto”, contenente un pacchetto di misure aggiuntive per il rilancio dell’economia a seguito della crisi causata dal Covid-19. Oltre a interventi in materia di lavoro

 

6 AGOSTO 2020


ECOBONUS 110%: AGGIORNAMENTO CON LE ULTIME NOVITA’

 

Il cosiddetto Ecobonus del 110%, previsto dall’art. 119 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (Decreto “Rilancio”)convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77,è stato oggetto di rilevanti modifiche in sede di conversione in legge del provvedimento e delle successive bozze emanate dei decreti attuativi relativi alle asseverazioni.

 

15 MAGGIO 2020


DECRETO “RILANCIO”: MA SARÀ TUTTO VERO?!

 

Il testo del decreto Rilancio è stato approvato dal Consiglio dei Ministri e consta di 256 articoli e ben 464 pagine, che riguardano diversi ambiti. Cercheremo di fare, una panoramica delle norme in esso incluse e per comodità suddivideremo le disposizioni in 6 macro-settori. Purtroppo, dai proclami della vigilia ai dettagli delle norme

 

 

 

  La dichiarazione dei redditi modello REDDITI PF 2020 deve essere presentata da tutte le PERSONE FISICHE che: siano obbligate alla tenuta delle scritture contabili (come, in genere, i titolari di partita IVA), anche nel caso in cui non abbiano conseguito alcun reddito; abbiano conseguito redditi d’impresa, anche in forma di partecipazione